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Così volle.
Volle che nel mezzo di un mare
non ancora mediterraneo
emergesse una terra
madre e fucina di altre terre.
la volle fertile ma aspra.
la volle battuta dal vento e dal mare
la volle profumare di mille aromi
la volle ricca dispensatrice di elementi
….
Salgo il sentiero con lo zaino in spalla ed il fiato corto del cittadino.
Salgo, verso l’ingresso della miniera
Una scura ferita nel fianco della montagna.
Una ferita che ancora non si rimargina.
Copiosa è l’emorragia di storie che continuano ad uscire per volarsene via ed abbandonarsi ad una carezza del vento, per troppo tempo loro negata.
Storie.
Storie di sofferenza.
Da questa ferita voglio partire per cercare e per capire
Ma la gente non parla volentieri della miniera, il lavoro del minatore è sempre stato una necessità, mai una vocazione.
La gente sarda è nata per calcare i sentieri della propria terra, non per vivere nelle sue viscere ove mancano gli aromi della macchia e la voce del maestrale.
La montagna è ricca, nasconde nel suo ventre elementi preziosi.
Zinco, piombo, elementi ricercati, indispensabili al progredire ed alla ricchezza.
Occorre non lasciarsi scappare l’opportunità e la Società organizza, pianifica, costruisce.
Le braccia non mancano: braccia di gente forte, temprata da una terra aspra e spesso ingrata.
Uomini, ragazzi, abituati a lavorare con i ritmi del sole, ma che potranno lavorare ancora di più là, dove il sole non c’è.
Poi il direttore, colui che ha diritti sulla vita degli altri, colui che abita la casa più bella del paese, da dove esce sull’automobile nera. Colui che possiede gli spacci, le osterie ed i bordelli, ove si riprende i pochi denari che ancorano sanno di polvere e di sudore.
Ma qualcosa non torna, quando Francesco Giustino e Salvatore si ricordano di essere uomini.
E’ una bella domenica di settembre a Buggerru, quando si uniscono agli altri compagni per andare verso la Casa.
Per parlarne con il direttore.
Diritti, sicurezza, dignità
Parole che fanno paura e che bisogna combattere con i gendarmi.
Francesco Giustino e Salvatore restano a terra, trapassati dal piombo. Chissà, forse lo stesso che hanno rubato alla montagna.
Un piombo che pesa sulle coscienze, ma soprattutto sulla consapevolezza di essere uomini.
Diritti, sicurezza, dignità costano ed i conti della Società non tornano più come prima.
La montagna è ricca, ma la ricchezza, si sa, è effimera.
Oggi la miniera è morta
La miniera non dà più profitto non serve più.
Nessuno più ne respira la polvere velenosa.
Pochi la rimpiangono e molti vogliono dimenticare in fretta perché altri miraggi reclamano attenzione.
Il sole ed il maestrale sono i nuovi padroni.
La miniera è morta ma il torrente che attraversa le vecchie vasche di lavaggio ne ruba i ricordi e li conserva nel suo letto.
Ricordi che ancora tingono di rosso.
ricordi esili...
....che come la terra rossa il torrente consegna alle onde, giorno per giorno.
Fine
Nota
Foto scattate durante una vacanza nel Sulcis
I murales sono stati fotografati a Fluminimaggiore