Firenze sta morendo: per il caos, per i perenni lavori che la straziano, per l'insipienza dei suoi amministratori e per l'incuria dei suoi abitanti, per la cultura fossilizzata e per l'incapacità di produrre idee nuove.
Come la maggior parte delle altre città aumentano i centri commerciali e diminuiscono gli spazi di vita comune, avanza il cemento e regredisce il verde. Insomma, il degrado del tessuto urbanistico e sociale è palpabile.
Alcuni mesi fa, per un caso, sono capitato in una zona del centro storico che frequento raramente e ho scoperto un angolo che sembra voler andare controtendenza. E' l'area 5 del progetto di recupero dell'ex-carcere delle Murate, parte di un più vasto progetto di riqualificazione urbana.
Convento di clausura dal 1400 -le suore erano chiamate "le Murate"- , poi carcere dal 1832 fino agli anni '80, il grande complesso si trova tra via Ghibellina e via dell'Agnolo. Tuttora in corso, l'intervento prevede la trasformazione delle antiche strutture in alloggi di edilizia popolare, uffici pubblici, attività commerciali, spazi sociali.
Una grande ala dell'ex-carcere è adesso un complesso di mini-appartamenti per giovani coppie e single.
Questi alloggi si affacciano sulla piazza che è stata realizzata dall'unione di due cortili interni.
Ho scoperto questo luogo lo scorso inverno, e ci sono tornato di recente con l'intenzione di fermarmi un po' più a lungo, sedere sulle panchine, osservare la vita che si svolge qua.
Le linee guida del progetto sono state suggerite da Renzo Piano: in effetti ci sono alcuni dei suoi tratti caratteristici. Ci sono soluzioni "coraggiose" per una città che vive tutta al passato. La facciata interna vede adesso le finestre delle ex celle affacciarsi su ballatoi sorretti da piloni in metallo dall'andamento non verticale.
Questo è come appare adesso il vecchio ingresso da via Ghibellina, con accanto il varco dal quale entravano i cellulari.
Adesso si respira un'aria tranquilla in questa piccola oasi in pieno centro cittadino, al tramonto il sole batte sulla facciata di questo edificio. Lì in basso, su un balcone, qualcuno ha realizzato un piccolo altare, non so se si possa chiamare così: comunque è un angolo di devozione e ringraziamento.
Un micio mi viene incontro, mi saluta, e poi si gode il tepore dell'ultimo sole primaverile che riscalda i mattoni con cui è realizzata la pavimentazione.
Sul lato sud è sorto un ristorante, di buona fama culinaria nonostante il nome: le Carceri... Il sole sta tramontando dietro l'ala ovest.
L'ala ovest: ancora ci sono le sbarre alle finestre delle celle, un luogo di sofferenza è diventato un luogo di gioco per i bambini.
Scende la sera, esco per tornare a verso casa. Mi si presenta un'ultima occasione per una foto: scena curiosa, uno dei cuochi del ristorante con una fascina di legna, chissà, forse per la pizza...
Tutte le foto sono state scattate a mano con D50 e 18-55DX.
Saluti, Dino