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Francesco T
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Il 25 marzo 1900 su IL MATTINO di Napoli, Gabriele D’ Annunzio pubblica i motivi del suo clamoroso passaggio dalla destra alla sinistra. Nello stesso giorno vedeva la luce Gaetano R, primo di otto figli di contadini napoletani. All’ epoca fare i contadini significava vivere dove oggi c’è uno dei quartieri bene di Napoli. Ma Gaetano è nato sotto la stella giusta ma al momento sbagliato. Vivrà tutta la vita senza sincronia. Il 19 giugno 1910 si inaugura lo stabilimento Ilva di Bagnoli dotato di due batterie di forni a coke, tre altiforni da 250 ton/g, cinque forni Martin-Siemens da 50 ton. un reparto di laminazione composto da un blooming e due laminatoi per billette e profilati grossi e medi. Un’ iniziativa lodata e santificata quale segno di concreto sviluppo industriale per un’ area definita depressa.
Allora, come oggi.

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All’ età di dieci anni Gaetano è un ragazzo sveglio e forte ma con troppa fame per farsi bastare ciò che la terra gli può dare. Il padre, pur avendo bisogno della sua forza nei campi è costretto ad indicargli una strada diversa per il suo futuro. Nei campi i figli sono troppi, ci si può dare la zappa sui piedi. Ed è così che in piena vigilia di guerra, Gaetano comincia a frequentare il cantiere, fino al maggio del 1917. Gli eventi bellici incrementano fortemente la produzione di acciaio degli stabilimenti napoletani: Ilva, Pattison, Bacini e Scali; lo stabilimento Ilva, ampliato e migliorato nel 1918 occupa circa 4.000 operai.

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Ne uscirà esattamente cinquanta anni dopo, nel 1969, un anno prima di quando il Consiglio Comunale adotta il nuovo piano regolatore generale con modifiche che riguardano tra l'altro anche l'insediamento dell'Italsider per il quale viene stabilito che il 30% della superficie occupata lungo la fascia costiera venga destinato a verde attrezzato con impianti turistici ed il restante 70% ad attività industriali di tipo manifatturiero con l'esclusione di industrie nocive ed inquinanti. Sono ammesse industrie ad alto contenuto tecnologico nonché impianti ed attrezzature per la ricerca applicata all'industria. Lascia il suo posto al primogenito Aldo, ricevendo inoltre un certificato con la foto del primo altoforno ed una medaglia d’oro.

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In quei cinquanta anni Gaetano ha visto di tutto, gioia e dolore, promesse e vacuità, speranze e delusioni, crediti e debiti, dolcezze e amarezze. Ha lavorato quei cinquanta anni avendo un solo obiettivo, un unico traguardo: avere una famiglia, farla crescere bene, dare un futuro migliore ai figli. Per loro, una vita tutta di sacrifici. Innanzitutto dalle nascite: nessun controllo, se Dio me li manda, io me li tengo, diceva. Così dopo Aldo, sono venuti Wanda e Anna. Aldo aveva il nome del padre di Gaetano, per forza. Wanda era il nome della rinascita, anzi della Rinascente. Anna porterà invece il nome della nonna.

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Per loro lavorava da sempre alla cokeria, turnista da sempre. Il giorno e la notte non esistavano. Era solo il suono della sirena a scandire i suoi movimenti, i suoi passi, le sue scelte. E ce n’erano state di sirene nella sua vita. La più importante che sentì fu quella intermittente di un piovoso mattino di novembre. Un mezzo fuori sagoma scaricava il suo nero carico di minerale di ferro, quando si accorse che il suo amico Tonino stata per essere inghiottito da quella montagna. L' autista non poteva accorgersene, tanto le ruote del mezzo erano più grandi di Tonino. Gaetano corse alla torretta e con tutta la sua forza cominciò a girare la manovella per la sirenza di emergenza. Tonino fu salvato così, Gaetano fu chiamato in direzione.

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Gli tremavano le gambe dalla paura: non quella per la sventura che stava per capitare all' amico, ma perché stava per incontrare il capo del personale. La stanza era all'ultimo piano di una palazzina di tre piani piuttosto modesta per essere la direzione. In fondo ad un corridoio illuminato da lampade traballanti, una porta più pesante del ferro con cui era stata costruita appariva aperta, in attesa.
In fondo alla stanza stava un uomo in piedi. Alto, magro e con viso reso severo da due baffi meridionali. L' abito grigio minerale lasciava uscire due lunghe braccia con mani fin troppo bianche per aver lavorato. Una delle due si poggiò sulla spalla di Gaetano, facendola piegare verso il basso, molto più di quanto non ci riuscissero i pesanti secchi di fango che tirava su ogni giorno. La mano si spostò verso la testa di Gaetano che si piegò in avanti in cenno di remissione. Fu così che Gaetano fu assunto con la matricola n° ck839 al reparto cokeria.

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Diciassettemilaseicentocinquanta giorni lavorati nello stesso posto, con la qualifica di operaio base. Non potè mai essere un altro operaio, magari specializzato, uno di quelli cioè, che nel gergo leninista si sarebbe collocato nell' aristocrazia operaia. Gaetano lavorerà solo per la famiglia, per poter garantire quelle cose basilari e semplici come la sua origine contadina voleva. Lavora Gaetano, lavora. Fino a quando non riceverai quel diploma al merito dei tuoi cinquant' anni di fabbrica. Quel foglio con la bella fotografia bianco e nero dell'altoforno numero uno. Fino a quando quella tua ostinata disciplina, ti farà meritare un posto per il tuo primogenito.

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Di privilegi, la vita di Gaetano ne era stata totalmente priva. Una vita dedicata al lavoro e al rispetto di quanto è più lontano dalla logica del privilegio, ovvero il contratto collettivo, diritto condiviso e acquisito da un’intera classe di lavoratori, quelli che da contadini divennero urgentemente operai (era in gioco il nuovo benessere dell’Italia), senza mai perdere completamente le antiche radici e l’amore per la terra.
Senza privilegi: dalla nascita fino alla nuova vita da operaio, che lui riteneva infinitamente migliore rispetto a quella faticosissima del contadino. Sottovoce, senza voler arrivare primi a tutti i costi, ma senza mai abbassar la testa. O forse c'era stato un privilegio nella sua vita: far parte negli anni settanta di quelle settemilaseicentonovantotto unità lavorative dell'Italsider.

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Aveva cominciato così, quasi per caso a lavorare al cantiere, Gaetano. Si era poi ritrovato a percorrere un lungo cammino, lui e la società. Da una vita agricola ad una vita industriale. Non è da tutti vivere due vite! Quante difficoltà in queste due vite: da quella sociale a quelle linguistiche. Non era stato facile per lui imparare a parlare in così breve tempo. E in quale ambiente, poi. Erano tempi in cui non si sapeva quasi nulla della fabbrica, come nuovo mondo di relazione. O forse no. Gaetano veniva dalla campagna, poche e solide relazioni. Poi in fabbrica ha dovuto imparare un nuovo linguaggio per nuove relazioni in un ambiente che , con i suoi rumori, con le sue gerarchie, negava il dialogo. Ma Gaetano guardava avanti.

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Francesco T
Orgoglioso in certi momenti di essere un perfetto esempio di uomo macchina, piccolo ma indispensabile motore del progresso industriale e ingranaggio ideale del sistema. Lui di termini economici ne masticava pochi. Anche il bilancio familiare era nelle mani di donna Assunta, la moglie. Di ella Gaetano ne era fiero, anche se le dedicava pochissimo tempo. Perché la fabbrica impone anche un nuovo uso del tempo, che non è più regolato dalle stagioni e dai ritmi della natura ma da quelli delle macchine, che ogni giorno diventano sempre più veloci. È questa condizione provoca in molti uno stato di alienazione e di malattia, un senso di smarrimento sociale e professionale. Il disagio si trasforma spesso in malattia, anche se Gaetano forse non lo sapeva. Lui sapeva solo di dover andare avanti. Il lavoro, i suoi problemi erano solo e tutti suoi. La famiglia e la moglie non ne sapevano nulla. Loro lo hanno solo accompagnato lungo la sua solitudine.

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Francesco T
Negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento il boom economico ha causato in Italia un cambiamento radicale e irreversibile dei modi di vita. Esso ha mutato la vita quotidiana della gente, i connotati del paesaggio, i ritmi di vita. I tempi dell’esistenza hanno avuto un’accelerazione mai conosciuta prima e sono diventati per tutti “stretti”. Gaetano li ha vissuti con umori alterni. Sapeva che non si poteva opporre ai cambiamenti e intanto sperava che evolvessero in meglio per i figli. Buona parte della sua vita era stata “industriale”. Un qualcosa che conciliasse con se stessi, con quello che si era stato, con quello che si era, anche come famiglia.

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Francesco T
Non c’era più la campagna con i suoi tempi a fare da collante in famiglia, anzi. C’era una nuova inquietudine famigliare dettata dagli straordinari cambiamenti provocati dal boom economico. La fabbrica si pensava potesse essere un’entità umana e divina a cui bisogna sottostare e posporre ogni altro bisogno. La fabbrica è la vera divinità di quegli anni, e non a caso viene talvolta raffigurata con termini religiosi: una cattedrale.

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Francesco T
Esistono espressioni difficili da comprendere a chi, pur essendo un ingranaggio fondamentale della ruota dell’ economia, non ne conosce altro che un dente. Il costo del lavoro. Per il padrone, come da manuale, è il costo unitario e complessivo della forza lavoro: paghe, salari, e quant’ altro egli paga per la produzione. Ma per chi si alza ogni giorno ad un orario diverso, per chi vede la famiglia solo nei ritagli di tempo, per chi della vita conosce solo fatica, sofferenza, per chi vede i suoi compagni morire, cos’è il costo del lavoro?

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Francesco T
Purtroppo la morte era così familiare in fabbrica da essere finita sul libro matricola anch’essa. Per un po’ c’era qualcuno che si fermava a piangere, poi però bisognava continuare. Il ciclo conitnuo non ti permette distrazioni, Il padrone si lamentava, i profitti ne avrebbero risentito. Così tornava lo spettro della lenta morte della fabbrica: mezzi turni, macchinari al minimo, chiusura di reparti, spegnimento di un altoforno. Ma questo allora non era avvertito come minor inquinamento, ma come anticamera della disoccupazione.

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Francesco T
Gli incidenti non erano ben visti. Talvolta anche dagli stessi colleghi, per le conseguenze sul turno, sul reparto e così via. E’ così difficile da capire se non vivi in fabbrica, miodio! Questa è la Ferropoli, questa è la Fabbrica di Napoli, terra promessa di un popolo sempre in fuga eppure sempre fermo. Questo sud così strano, difficile da comprendere (ma non dovrebbero essere i più poveri a ribellarsi?), cone le faniglie che sperano, pregano e ringraziano la sorte, se il notabile di turno ti ha dato un lavoro, anzi un posto, magari a tempo indeterminato, di quelli che ti danno le marchette.

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Francesco T
La fabbrica era la chiesa intorno alla quale si costruiva un villaggio. Le sue ciminiere e le sue sirene costituivano quei campanili comunisti che garantivano tranquillità e benessere. Quando rientrava di sera a casa, e poteva cenare con la famiglia, Gaetano ogni tanto guardava fuori quasi avesse bisogno di controllare che nessuno gliela portasse via. Essa era dappertutto: negli orizzonti di quel paese che diventava Bagnoli, con le sue strade dritte, con la sua pianta regolare. Era nell’ aria, con le sue polveri rosse e nere che tutto coprono, ma non i sentimenti. Con i suoli colori, quando di notte ne cielo si riflettavano i bagliori delle fiamme.

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Francesco T
Gaetano, non sa il perché di certe domande che gli cominciano a girare per la testa. Forse è solo stanco, ma cerca di reagire all’alienazione della vita e del lavoro di fabbrica attraverso la consapevolezza dell’importanza della propria scelta di vita e del proprio insostituibile ruolo di pater familias. Così, mentre una figlia lotta contro una malattia incognita, nella sala d’attesa dell’ospedale, vicino alla fabbrica in cui lavorava, l’ operaio si confessa, per la prima volta nella vita, la verità della sua esistenza. E scopre che l’unico momento d’autenticità lungo tutti gli anni vissuti è stato l’amore per una donna umile, non bella, forte e di’ immensa generosità, che l’ ha aiutato a crescere quella sua famiglia. “Ho una natura molto schiva, il mio mondo è il mio lavoro. Si lavora per gli altri, per se stessi basta vivere”.

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Francesco T
Cosa resta d' una persona quando la vita attiva declina e l' ombra dell' età suggerisce bilanci d'una intera esistenza? Ricordi, ferite, illusioni disvelate, qualche soddisfazione, intense nostalgie, il gusto amaragnolo dei rimpianti per le occasioni perdute. La vecchiaia, è vero, non è una sconfitta, ma porta con se un gran bisogno di sincerità e di verità. Storia insomma di una personalità forte, che ha lasciato un segno nel suo passato e incide con nettezza, con durezza, nella vita e nell' identità stessa delle persone che accompagnano il suo tramonto. Carattere forte. Di un uomo che vale la pena incontrare e conoscere a fondo. Magari soltanto per poco. Si cerca solo di invecchiare in pace, si scatenano invece sospetti e invidie. E solo a fatica si trova rifugio nella quiete di quei ricordi e nell' affetto di pochissimi cari amici. Non ci sono eroi in questa fabbrica. E solo la cognizione del dolore consente di ridare spessore alla sostanza più profonda dell' umanità. E la verità dell' esistenza, del se ne è valsa la pena, arriva solo alla fine di un doloroso percorso in cui amici e nemici sono ben altro da ciò che appare. Senza innocenza. Difficile, d' altronde, definire l' innocenza in una vita in cui miseria, oppressioni, disparità di condizione tra uomini e operai induriscono le relazioni.

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Francesco T
La sua vita esemplare è straordinariamente legata dal destino a quello dell' ILVA.
Il 20 ottobre 1990, dopo aver cambiato nome da Ilva a Italsider e poi ancora in Ilva, chiude l’area a caldo: altoforno e acciaieria.
Il 20 ottobre 1990, dopo aver vissuto gli ultimi due anni nella condizione di inabile alla vista, Gaetano chiude gli occhi.
Non riuscirà a vedere l' ultima volta che la porta si chiuse dietro gli operai, nel 1993, quando ogni attività industriale dell' area venne cessata, lasciando senza lavoro centinaia di persone.

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Francesco T
Così Aldo si unirà, nel 1991, ai duemilasettecento operai dei quasi ottomila rimasti a seguito delle precedenti ristrutturazioni, ai quali furono prospettati alcuni percorsi produttivi. Si sono ritrovati "fuori mercato". Una metafora amara, ma reale, delle cosiddette riconversioni ecologiche e del loro impatto sui proletari. Dai cosiddetti "incubatori d’impresa" - i B.I.C. (Business Innovation Center)- passando per il famigerato Progetto Utopia e qualche centinaio di sventagliamenti effettuati nelle altre imprese del Gruppo IRI, è stato un lungo stillicidio antioperaio, in barba alle chiacchiere sulle varie "reindustrializzazioni" e rendendo carta straccia tutti i solenni "Protocolli d’intesa" che si sottoscrivevano di volta in volta.

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Francesco T
In più, le poche centinaia di lavoratori Italsider distribuiti nelle imprese IRI sono stati i primi ad essere dichiarati "esuberi" appena queste hanno dovuto ristrutturare. Allora cosa ti resta da fare, giocare al lotto? Chissà se fa vincere ancora qualcuno, ogni tanto, anche se la Fabbrica di Napoli non c'è più. Bagnoli, il quartiere che era degli operai, ora è un grande spazio vuoto lasciato dallo smantellamento dell'Italsider. Alla fine, tutti ricordano solo un momento: quando il cantiere ha chiuso, e hanno dovuto smettere di lavorare. Continuano a svegliarsi alle cinque e mezza di mattina, come quando suonava la sirena.

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Francesco T
E' una fredda mattina quella del 3 gennaio 2006, è piovuto tutta la notte e l' acqua ha ripulito ogni cosa. Fa freddo, il cielo appare limpido e debolmente illuminato dal sole che fatica ad alzarsi sulla collina di Posillipo. Due vigilantes con aria stanca spingono un pesante cancello che dovrebbe essere elettrico. Si apre così al pubblico la nuova passeggiata a mare, riutilizzo di quello che nel 1939 era stato costruito come Pontile Nord e che serviva al trasporto dei minerali di ferro e del carbon coke dalle navi alla colmata. I primi visitatori osservano stupiti quel lungo braccio di cemento che si spinge in mezzo al mare. Sono vecchi e giovani, famiglie con bambini e coppie di innamorati, pensionati e disoccupati. Tra questi ultimi, alcuni giovani che rivendicano la vittoria dell' ambiente sulla fabbrica. Uno di essi mi spiega che, finalmente si da inizio al cambiamento, affinchè questo orrore venga cancellato. E' Ghenny, il nipote di Gaetano, figlio di Aldo. Davanti c'è il mare, con i due pontili dove attraccavano le navi per caricare cemento, ferro, acciaio. Chi ci ha perso una mano, all'Italsider, chi la salute, chi la giovinezza.
E tu Ghenny, lo sai cosa hai perso?

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__Claudio__
Letteralmente: senza parole
ConteMaxS
ALTO, ALTISSIMO LIVELLO.
PUNTO.
Fedro
Hai mantenuto la tua promessa Francesco, e non posso che essertene grato.
sono emozionato e senza parole....me ne viene solo una GRAZIE!
pedrosimo
mitico

e non ho parole per descrivere .................... ohmy.gif

wink.gif grazie.gif
robyt
Caro Francesco,
non ti si leggeva qualche tempo........ è valsa la pena di aspettare. GRANDE !
Lambretta S
... grazie.gif
anbri
Un Life che è un pezzo della nostra storia ...
... che è tutta la vita di Gaetano ...
Un Life che è un intreccio di generazioni ...
Un Life per il quale ti ringrazio Francesco!

... immagini impeccabili ... emozioni coinvolgenti! guru.gif

grazie.gif
Anna
Andrea Lapi
Le parole, quelle Belle, con la B maiuscola... le hai usate tutte Tu. Anche le Immagini sono con la I maiuscola.

grazie.gif per questo LIFE... davvero TUTTO MAIUSCOLO!

Con la speranza di rileggerti presto!
sfinge
.... Francesco T ......
.... tanto di cappello!!!!!

Luca
click69
Splendido! nel racconto, nelle immagini, nei contenuti.

Carmine
nivasio
E' un capolavoro!
Giorgio Baruffi
io lo conosco, Francesco, me ne vanto un pò, in fin dei conti è una gran persona, l'ho sempre saputo, ma lui si ostina a dimostrarcelo, con CAPOLAVORI come questo...

sei un grande caro mio, un grande davvero, non vedo l'ora di poterti reincontrare per abbracciarti forte!



grazie.gif
miz
Leggevo e sentivo in sottofondo la tua voce che narrava e ancora più lontano il rumore e l'odore del ferraccio...

Credo che in questo caso non si possa parlare solo di Life, questa è vita vera, questa è storia, questa è denuncia, questa E'!!!

Ed è anche la tua grandezza e la tua incredibile sensibilità.

Grazie davvero
Simone Cesana
grandissimo life!secondo me sarebbe da mettere in evidenza...
parole superde, stupende immagini...
ciao
simone cesana
cratty
UN Life stile Francesco, riconoscibile in mezzo a mille. Stile indiscutibile.
Saluti
dscmax
Che dire ? Un capolavoro !

M'inchino ... sul serio.

Fa veramente piacere poter scoprire che esistono persone di tal levatura morale ed artistica.

Non un "Nikonista DOC" ma un uomo DOC !

Poi avedo anche il plauso di GiorgioBS, che ammiro e stimo, il cerchio si chiude.
Luca Podda
Ottimo lavoro, sotto tutti gli aspetti, di rado leggo e guardo con piacere a questi livelli.

Grazie
.Luca
ros63
Dopo un life cosi,' sfido chiunque a postarne uno subito dietro ohmy.gif ohmy.gif. Non ho parole ma solo grazie.gif grazie.gif grazie.gif Rosario
fenderu
un racconto contemporaneo di 23 scatti che valgono come 230 pagine, dove può essere letta denuncia, ovvero cronaca o ancora memoria e monito per i ragazzi di oggi;

io però ho letto l'omaggio e l'affettuosissimo ricordo di Gaetano e di quelli come Lui che hanno "vissuto la fabbrica" lasciandoci l'anima e anche qualcos'altro ancora;

...e mi sono emozionato;

grazie Francesco Tamburrino!

marcelus
grazie
oesse
Me ne avevi parlato e ti ho aspettato al varco. Ed ecco il frutto del lungo parto, un life intenso e vero corredato da immagini crude e vere che ben rendono l'idea di cosa abbia realmente perso Ghenny.
E tu, Francesco, che cosa hai perso li?
Ancora complimenti!

.oesse.
barbatrukko
guru.gif bellissimo.
Ma sono anche stanco....
per cui domani con calma mi rileggo bene tutti i testi.
Gianluca Cecere
Ho avuto la fortuna di vedere qualche foto in anteprima, inviata tra una chiacchiera e l'altra, con la semplicità di chi ti mostra uno scatto fatto durante una giornata all' ex Ilva. Erano invece tasselli di quello che sarebbe stato un mosaico per il quale il termine "capolavoro" non restituisce l'esatta dimensione di un lavoro, unico e intenso ed emozionante.
Complimenti Francesco!

Gianluca
Gianni_Casanova
Ormai raramente mi capita di leggere con piacere e partecipazione un life, una storia di vita in formato multimediale; la tua, se mi permetti il tu che vedo è usato da tutti nel forum, non rimane comunque una testimonianza o un resoconto, ma per la bellezza delle immagini e per la consapevolezza amara del racconto letterario, diventa icona, simbolo del passaggio italiano dall'economia rurale a quella industriale ed infine a quella postindustriale.
La vita di Gaetano e della sua famiglia riecheggiano senza nessun timore di confronto altri autori e artisti che hanno saputo trasformare, e qui sta la loro grandezza, la loro visione di un momento storico in visione corale, in partecipazione e consapevolezza da parte di chi legge e guarda che si sta leggendo e guardando un capitolo della vita di un popolo.
La storia non si chiude in modo amaro, come si sarebbe potuto supporre, ma c'è il passaggio dal B/n al colore, uno sguardo aperto con speranza verso il futuro come quel pontile che si perde nel mare.
Bravo Francesco, ti ringrazio per le tue parole e per le tue immagini e perchè hai saputo inumidire i miei occhi che per troppo tempo hanno guardato da lontano senza partecipazione....
ciao e grazie, Gianni
morgan
Ricordi la canzone....."Grande, grande, grande"!!!! guru.gif guru.gif

Franco
_Nico_
Una sola parola, Francesco... Grazie!!!
gio

Che Life!

grazie.gif
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