Ciao
Mio padre raccontava spesso una storiella a proposito degli abitanti, o dei pescatori - il che è un po' la stessa cosa, tradizionalmente - di Cabras, piccolo centro nel golfo di Oristano. Nel folklore della Sardegna, con conforto storico, gli abitanti di Cabras usavano camminare sempre scalzi (ancora oggi, nelle manifestazioni tradizionali, in costume, essi camminano scalzi). Comunque sia, un giorno un pescatore di Cabras decide di andare a comprarsi un bel paio di scarpe, per cui a piedi percorre la notevole distanza tra Cabras e il capoluogo, Oristano. Fatto l'acquista, lega tra loro i lacci e appende le scarpe al collo, dirigendosi, a piedi e ancora rigorosamente scalzo, verso casa. Erano altri tempi e le strade erano alquanto sterrate e sconnesse. Il nostro, magari per il buio, non vede uno spuntone di roccia e, finendoci col piede, se lo concia a mal partito. "ahi ahi " esclama lagnandosi, ma rincuorato "e meno male che non avevo le scarpe nuove, altrimenti chissà come le avrei conciate!" (mancu malis chi nun tenemu i crapittas noas, sinuncas...) - nel mio dialetto campidanese imbastardito, non nel suo.
Questo ho pensato ieri mentre (o meglio, dopo...), scarpinando tra gli scogli di Cala Sapone, località assolutamente da visitare nell'isola di Sant'Antioco (dove sono nato, ma non ci abito più, ahimè, da ventisei anni), nel crepuscolo, avevo appena riposto la fotocamera nello zaino, quando sono inciampato e mi sono sbucciato tutte le sporgenze, o quasi. Ginocchia e palmi delle mani in primis. Il mio primo pensiero è stato "meno male che non avevo più la macchina in mano, altrimenti...". In tal modo ripercorrendo la filosofia spicciola, pratica ma surreale del pescatore di Cabras di paterna memoria.
Ciao
Mauro