QUOTE(Max Lucotti @ Nov 6 2010, 07:32 PM)
Ciao Maxi,
credevo che la diffrazione fosse legata strettamente all'ottica e alla sua costruzione, a leggerti e a leggere il link che hai messo pare proprio di no....
Quindi con la mia d90 la diffrazione inizia a f 11 su tutte le ottiche.... però immagino che aumenti esponenzialmente con il chiudere il diaframma...?
Quindi l'aumento dei MP invece ha una grandissima influenza su questo fenomeno, e quindi se ho capito bene a parità di ottiche e diaframmi(Chiusi...) usati se aumento i Mp della macchina la diffrazione aumenta (e quindi diminuisce la nitidezza generale).
Ho capito bene?
Posso quindi dire che in una ipotetica foto a focale 12mm, diaframma 22 su d90 e una stessa foto ma con una d7000, la diffrazione in quest'ulima sarà peggiore e quindi la nitidezza inferiore????
Ciao Max
Mettersi a parlare di diffrazione è ficcarsi in un intrico di leggi difficili e complesse, su un argomento che ci tocca quotidianamente, dato che la diffrazione interessa non solo onde luminose, ma anche acustiche ed addirittura, marine, e comporta delle azioni di correzione in tutti i campi.
In aggiunta a già quanto giustamente detto da maxiclimb, in due parole, vorrei dirti come funziona, come impatta sulla fotografia ed infine, dulcis in fundo, la cura che riduce, e molto, i danni.
La cura è possibile solo in digitale, impossibile praticamente in pellicola.
Quando :
- si ha diffrazione quando il diametro del diaframma, il cerchio, o quasi, formato dalle sue lamelle, entro il quale passa il raggio di luce principale, è troppo piccolo rispetto alla lunghezza d’onda della luce che ci passa.
Che cosa è:
- la diffrazione è l’emissione di luce secondaria da parte del diaframma, luce secondaria che diffonde il raggio principale perché ha direzione ed intensità diverse: le lamelle del diaframma cominciano loro ad emettere luce in direzione ed intensità diverse dal raggio principale, ci si sommano e lo diffondono.
-
Si può approssimare, fotograficamente parlando, che:
- la diffrazione dipende dalla lunghezza d’onda della luce (più è lunga, prima si ha diffrazione a pari diaframma e megapixel) e non dalla quantità o direzione della luce che entra nell’ottica
- come ti ha già detto, a pari diaframma, dipende dal sensore, più grossi i pixel meno si sente la diffrazione ed a parità di megapixel. comincia a quei diaframmi citati nell’altro messaggio e più si chiude il diaframma, peggio è.
Nota sui diaframmi.
Quel calcolatorino, calcola quando la diffrazione limita la risoluzione in funzione giustamente della grandezza della stampa e del numero dei pixel della fotocamera: quando si arriva in limite di risoluzione per diffrazione, la frittata in stampa è già fatta.
Per prudenza, stai un diaframma sotto, più aperto.
Un paio di domande che ci interessano: la diffrazione, come distrugge l’immagine e come e quando si può recuperare un’immagine diffratta?
Dato che diffonde il fascio luminoso, la diffrazione riduce la nitidezza, abbattendo di più la trasmissione delle alte frequenze spaziali (risoluzione) e meno, ma sempre significativamente, quelle delle più basse (micro contrasto): un’immagine diffratta si vede benissimo, dato che è “morbida”, manca di risoluzione ed ha minor microcontrasto
Chiaramente, se l’immagine ha perso completamente i dettagli, questi dettagli non li recuperi più, mentre se ci sono ancora dettagli, ma a basso o bassissimo microcontrasto, qualcosa, e molto, si può fare per recuperare quei dettagli.
Il recupero si fa bene sul RAW , ancora bene su un Tif, mentre sul Jpeg si fa male, dato che il Jpeg ha perso dettagli per diffrazione come gli altri, ma poi viene compresso, introduca artefatti per la compressione, ed il recupero di dettagli successivo con iterazioni si fa male, dato che ci sono anche gli artefatti (segnale spurio) di compressione e vengono esaltati anche loro, degradando l’immagine, il recupero è meno efficiente: altra ragione, ed estremamente seria per scattare in RAW da parte di chi fa paesaggi, che tipicamente possono essere afflitti da perdite di dettaglio per diffrazione.
Il recupero si fa con il capture sharpening, recupero dell’acutanza persa in fase di scatto, forzandolo, sul file RAW e/o con maschere di contrasto, successivamente, sul Tiff dopo la conversione.
Il Jpeg NON DEVE essere sottoposto a capture sharpening addizionale esterno, dato che è già intervenuta, in modo non efficiente per la diffrazione, la fotocamera col suo sharpening.
In Capture NX2, sul RAW, si fa con due passaggi, la maschera di contrasto 40 -60%, raggio 2, soglia 0 e fusione normale, opacità 100%, seguita da filtro accentua passaggio. Raggio 2, fusione in Sovrapponi, opacità 70%.
Ma c’è un’altra strada, forse più efficiente, con altro programma.
Una delle cure migliori per la diffrazione, almeno ad oggi, sembra essere l’iterazione d’immagine con il metodo deconvolutivo, iterazione di Richardson – Lucy: questo metodo, già usato nel telescopio di Hubble per recuperare la sua diffrazione, è stato recentemente applicato da Adobe in Photoshop CS5 e Lightroom 3, nella versione di ACR 6.1 e successive per dare il capture sharpening,
Lo strumento per operare in ACR è il comando Dettagli: se sposti il cursore Dettaglio del comando Dettagli, verso destra, sul valore 100 o lì vicino, ACR opera in iterazione deconvolutiva Richardson - Lucy, setta poi un raggio basso, 0,5 – 0,7 px ed ammontare non tanto basso, sopra i 40.
Con questo, recuperi discreta parte delle perdite di diffrazione, che si notano di più su immagini ad alta frequenza spaziale (erba, rami piccoli, tanti dettagli piccoli).
Altro intervento addizionale, dopo la conversione in Tiff, è cercare di fregare l’occhio, con una falsa impressione di nitidezza, dando un’ulteriore maschera di contrasto, con valori variabili in funzione del formato e risoluzione di stampa.
Se usi Photoshop, invece della USM, vecchia tecnologia, usa Contrasta Migliore, sfocatura con lente, Più preciso: anche quello opera con la Richardson – Lucy.
Dato che forzando il capture sharpening e dando maschere di contrasto esalti anche il rumore, intervieni coi comandi di riduzione rumore in modo opportuno.
Io tendo anche a sovraesporre in esposizione, per ridurre ancor più il rumore ed ampliare la gamma tonale.
Più pixel sul sensore ci sono, più piccoli sono, più sono sensibili alla diffrazione, che abbatte la risoluzione, ma più pixel ci sono, maggiore è risoluzione:
- tenendo le ottiche fuori dal rischio di diffrazione, è SEMPRE meglio, molto meglio avere maggior risoluzione, più pixel e non per nulla te li fanno pagare un mucchio di soldi.
I paesaggi ci vogliono estremamente nitidi, anche se c’è la nebbia, altrimenti si impastano e sono brutti, tremendi: ad eccezione della D3x, Nikon non ha fotocamere ad alta risoluzione e se su queste non eccelse doti di risoluzione ci aggiungi anche la diffrazione, i paesaggi ne sono fortemente penalizzati: ci vuole molta cura in scatto, nel trattamento del RAW e del file immagine, sempre e solo Tiff a 16 bit.
Evita la diffrazione: anche coi sofisticati sistemi oggi disponibili, si degrada sempre l’immagine; lavora con ottiche un po’ aperte, e tieni presente che le massime prestazioni ottiche si raggiungono lontano dal minimo accenno di diffrazione, ossia ad f 5,6 per le ottiche molto luminose, quelle f 1,4 – f 2,8 di apertura massima, e ad f 8 per quelle meno luminose, gli f 4.
Usa un treppiede solido, non esporti al vento forte, scatto in remoto, con specchio alzato se ce l’ha la tua fotocamera, usa l’ottica al diaframma ottimale, quello sopra, fai molta attenzione allo sviluppo del RAW ed al fotoritocco del Tif.
Buon divertimento e saluti cordiali